Il lavoro in fabbrica è un tema su cui si è molto discusso, principalmente in campo filosofico; uno dei punti salienti è quello relativo all'alienazione dell'uomo, dovuta alla ripetizione continua di gesti, che non lasciano spazio alla creatività e al ritmo dell'individuo. Per quanto concerne l'ambito letterario prenderemo in considerazione alcune frasi tratte dall'opera "Il memoriale" di Paolo Volponi, che tramite i pensieri del protagonista, Alberto Saluggia, dà sfogo a riflessioni sulla condizione del lavoratore in fabbrica.
Saluggia riferendosi alla fresatrice dice:"Il suo rumore, i suoi tagli, mi convincevano aspramente di saper lavorare; davano alle mie mani una forza che non avevano mai avuto, anche se mi ero accorto che le mie mani più che guidarla erano trascinate dalla macchina." In questo passo si percepisce come l'operaio non sia l'elemento necessario per svolgere un compito, ma solo un meccanismo, facilmente intercambiabile, della macchina; questa condizione lo porta a non sentirsi artefice della fabbricazione, ma solo un elemento secondario dell'apparato produttivo: non è più l'uomo che attraverso i suoi attrezzi crea qualcosa, ma è la macchina che attraverso l'uomo produce.
Infine l'ultimo punto che trattiamo è quello del ritmo, che in parte è anche legato al tempo. Esso non è più il ritmo dell'individuo, non è sotto il suo controllo, ma è imposto dalla frenesia della fabbrica:"Il rumore mi rapiva: il sentire andare tutta la fabbrica come un solo motore mi trascinava e mi obbligava a tenere con il mio lavoro il ritmo che tutta la fabbrica aveva."